cooperativa
Pulicoop
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol
Dobbiamo solo crederci e trovare l’energia di cambiare per prime.
a cura di Dirce Pradella
Ero impaziente a 23 anni. Avevo finito la scuola e volevo subito rendermi indipendente dalla famiglia, trovarmi un lavoro e cominciare la mia vita da adulta. Così chiesi a mia mamma, occupata come socia addetta alle pulizie alla Pulicoop di Trento, di fare il mio nome per una occupazione stagionale. Detto fatto: colloquio, firma di adesione a socia e inizio dell’avventura. Non sapevo cosa volesse dire pulire: una fatica enorme. Quella che sembrava un’occupazione a breve termine si trasformò ben presto nel mio progetto di vita lavorativa. Come un fulmine a ciel sereno, infatti, arrivò la convocazione dell’assemblea della cooperativa, con cattive notizie all’orizzonte. Ricordo con che il revisore della Federazione, Marcello Benedetti, fu chiaro: c’era una perdita in bilancio di 150 milioni di lire, era necessario sospendere il gruppo dirigente e individuare un nuovo consiglio di amministrazione.
Quando Benedetti chiese se ci fossero candidate in sala, mi trovai con la mano alzata, insieme ad altre 4 giovani donne. Ci ritrovammo la seconda volta a firmare in banca, ovviamente di nascosto dai miei genitori. Così cominciò un’avvenuta che dura da 26 anni. Di sera lavoravo sui cantieri e di giorno in ufficio: il percorso scolastico mi stava aiutando: sapevo cos’era una fattura, come utilizzare la calcolatrice e scoprivo che tutto l’insieme mi piaceva tanto. Con le altre amministratrici andavo d’accordo: eravamo piene di speranza e di sogni. Lo stipendio era inesistente: per pagare i debiti potevamo darci solo la paga base, tutti gli altri istituti contrattuali erano stati sospesi.
Abbiamo lavorato unite per tanti anni e da un fatturato di 750 milioni di lire siamo arrivate a 3,5 milioni di euro e da 60 dipendenti a 250, in prevalenza donne part-time; le donne da noi trovavano e trovano una buona opportunità per poter coniugare gli impegni familiari con la necessità di contribuire al sostentamento economico della famiglia. Con un cda sempre e solo composto da donne, siamo riuscite a fare grossi investimenti, ad acquistare e vendere 3 volte la sede, ad ingrandirci. Non sono state sempre rose e fiori, qualcosa è andato anche storto, ma con forza e determinazione abbiamo superato anche gli inciampi e con i risparmi siamo riuscite a far fronte agli imprevisti.
Non abbiamo rinunciato alla nostra vita privata, né al nostro essere donne: ci siamo sposate, abbiamo avuto figli. Abbiamo coltivato le nostre passioni e praticato gli sport che ci piacciono. Ci siamo sempre aiutate con quello spirito di solidarietà che distingue noi donne: chi poteva, andava a scuola a prendere anche i figli delle altre. Li portavamo a turno al parco giochi. Ci davamo una mano con la spesa. Dei piccoli aiuti reciproci che ci consentivano di incastrare lavoro e famiglia in armonia. Nel 2000, purtroppo, sono iniziati i disaccordi all’interno del cda. Un periodo difficilissimo, che ha portato tanta sofferenza e che si è concluso con la scissione della cooperativa in due. Da Pulicoop nacque Activa, con spaccature e divisioni profonde.
Per chi restò in Pulicoop, come me, si aprirono anni difficili, di incessante lavoro per risollevare le sorti della cooperativa, centellinando le spese, trasformandoci quotidianamente a seconda dei ruoli che in quel momento ci venivano richiesti: segretarie, responsabili del personale, responsabili amministrative, direttrici, psicologhe, mamme, mogli, dovevamo essere disponibili inflessibili, magnanime. Io ero direttrice e presidente. Quanto lavoro! Ad un certo punto mi sono fermata sentendo con prepotenza il desiderio di fare qualcosa di diverso. Sentivo dentro una rabbia che mi rendeva irrequieta; sentivo che c’era qualcosa che non andava e che ero io che me lo stavo creando. Non riuscivo più a lavorare operativamente e a fare strategia per la nostra cooperativa.
Non capivo come altre persone, i maschi, con molta meno fatica, precisione, dedizione, riuscissero là dove io mancavo di qualcosa. Ma la meritocrazia era veramente una cosa così astratta? Ma l’essere donna era veramente così penalizzante per un certo tipo di ruolo? Detto fatto ho deciso e confrontandomi con le mie collaboratrici e ho chiesto un regalo. Dovevo assolutamente capire di più. Dovevo trovare qualcuno che mi aiutasse a confortare la “solitudine del mio ruolo”. Dopo vent’anni ho messo finalmente il naso fuori dalla cooperativa, partecipando a diversi corsi fra i quali “Maestri cooperatori”. Ho conosciuto persone che hanno contribuito al mio cambiamento. A parte l’aspetto culturale, ho maturato la consapevolezza di far parte di un movimento con solide radici e alti valori che mi appartengono. Ho appreso il significato dell’associazione Donne in cooperazione.
Ho avuto l’opportunità di partecipare a percorsi formativi che hanno accresciuto la mia autostima, ho trovato il coraggio di alzare il telefono e proporre la mia candidatura nel mio consorzio di appartenenza. Mi sono confrontata con tante donne e ho trovato tante risposte. Ho smesso di cercare riconoscimenti dagli altri rispetto al lavoro che faccio e ho imparato ad autoriconoscermi. E’ nato da questo sforzo di relazione il progetto che ha visto nascere una nuova realtà, insieme a Povocoop 81, la Ge@servizi, con un volume di affari di quasi 9 milioni di euro e 580 persone occupate. Una cooperativa completamente diversa e all’avanguardia. La fusione non è stata dettata da esigenze economiche: non siamo stati costretti a farla, le cooperative erano sane e singolarmente autonome. Abbiamo semplicemente capito che per ragionare “in grande” e per salvaguardare il futuro dei nostri soci e dei nostri dipendenti, in un mondo sempre più competitivo, dovevamo attrezzarci unendo le forze.
Abbiamo chiesto aiuto al Cla, alla Federazione a Formazione Lavoro, volendo condividere sia all’esterno che all’interno, il percorso che ha portato alla nascita della seconda cooperativa di produzione lavoro del Trentino. In pochi mesi ci siamo trovati a lavorare su progetti che mai avrei pensato di poter affrontare: la ristrutturazione completa della cooperativa, la nuova organizzazione, il potenziamento commerciale, un ufficio progettuale destinato a diventare un ufficio ricerca e sviluppo con a capo un tecnico donna; la partecipazione a gare di pulizia su tutto il territorio nazionale; la conoscenza di nuovi sistemi di acquisizione appalti (finanza di progetto, gare telematiche) e tantissimi progetti, che solo attraverso la condivisione con altri e altre, possiamo concretizzare.
Dal punto di vista politico, noi di Ge@ abbiamo condiviso che il cda fosse composto per la maggioranza da donne, poiché sono donne oltre il 70% dei dipendenti. Nei patti pre-fusione ho rinunciato alla potenziale presidenza: ho deciso di privilegiare l’inserimento di tante donne piuttosto che la valorizzazione di una sola di noi. E questa, credo, sia stata una scelta del tutto femminile. Perché noi donne siamo solidali e riusciamo a costruire con concretezza. Non è vero che facciamo fatica a relazionarci tra noi: litighiamo quanto gli uomini, solo in modo diverso. Dobbiamo solo imparare a credere in noi stesse e a trovare la forza di cambiare per prime.
Fiorella Corradini