cooperativa
Agorà
Genova - Liguria
Nel cuore di Genova, nella zona del Ghetto, una locanda ha saputo diventare un trampolino di riscatto, diventando uno dei migliori ristoranti della città.
Agorà nella sua lunga storia ha fatto del radicamento territoriale una costante, seppur in un’area vasta come la provincia di Genova, fatta da una città metropolitana e dagli innumerevoli piccoli comuni sparsi per la costa e l’entroterra. Agorà è stata fondata nel cuore di Genova e ha lanciato nel 2013 una delle ultime e più significative sfide: aprire un’attività di ristorazione, La Locanda degli Adorno, finalizzata all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati che vivesse unicamente con le proprie risorse nel quartiere di Prè, alle spalle di Via del Campo, in una zona denominata il Ghetto, perché lì a partire dalla metà del Seicento vennero letteralmente confinati gli ebrei, dopo la peste e la fuga dalla Spagna.
Una sfida dettata dalla stessa location: Vico Adorno, dal nome della nobile famiglia Genovese che ha visto anche Dogi al governo della città, che allora, nel 2013, era un insieme di impalcature, abitate da senza fissa dimora, con siringhe e immondizia abbandonate (materassi, mobili, rifiuti, ecc.), dove i topi erano i veri padroni della via. Una delle zone più degradate del Centro Storico con edifici caduti sotto le bombe della 2° guerra mondiale e mai ricostruiti, una zona la cui unica “attività commerciale” era lo spaccio e la prostituzione transessuale. Una zona che i genovesi tendenzialmente evitano ancora, dove però Agorà, che svolge dal 1997 attività di inserimento lavorativo attraverso la consorziata Proges, ha deciso di aprire una trattoria che divenisse un luogo di incontro del “sociale” e che desse lavoro alle fasce svantaggiate.
Oltre ai significativi lavori di ristrutturazione e restauro, è stato investito molto anche nella tessitura di relazioni: con l’associazione “Princesa” che raggruppa i trans della zona, ad esempio, con le forze dell’ordine e con l’azienda di Igiene Urbana, a cui è stato chiesto maggior controllo e pulizia. L’attenzione per le buone relazioni di vicinato si concretizzerà poi con la scelta di effettuare la maggior parte degli acquisti dai verdurai, dai panettieri e dai supermercati dei vicoli adiacenti. Oggi la Locanda è un luogo dove docenti universitari, impiegati comunali, del ministero dei beni culturali e della sovrintendenza, spedizionieri del porto e tanti altri genovesi vengono quasi tutti i giorni a pranzare o a cenare scoprendo una zona di Genova in cui mai erano entrati, riconoscendo la qualità e la varietà quotidiana della proposta culinaria.
La Locanda oggi occupa 9 persone di cui 5 svantaggiate con storie difficili alle spalle e ha sempre, in sala e in cucina borse lavoro o progetti di recupero o di orientamento. Il gruppo è guidato da una cuoca che viene da esperienze di gestione privata e si è dovuta sperimentare nella gestione di soggetti lontani dalla ristorazione e comprendere il mondo della cooperazione di inserimento lavorativo, un gruppo che ha storie durissime, alcuni con un passato di oltre vent’anni di tossicodipendenza che, con il lavoro in locanda, hanno ritrovato il rapporto con i figli, la casa e l’autonomia; persone che entrate come lavapiatti sono diventate cuochi e pasticceri, soggetti fragili provenienti da famiglie problematiche, giovani portatori di handicap.
Oggi la locanda è un ristorante accogliente, che mescola la tradizione genovese alla cultura moderna già a partire dagli arredamenti: una rete da pesca è stata utilizzata per realizzare un lampadario che richiama il mare, mentre diverse fotografie appese alle pareti raccontano la vita del ghetto e dei suoi protagonisti. Anche Fabrizio De Andrè viene ricordato dall’insegna del locale che recita: La Locanda degli Adorno cose da beive cose da mangià. In virtù di un progetto di inserimento lavorativo, la Locanda collabora attivamente con gli uffici comunali preposti alla promozione e al sostegno delle attività per il reinserimento sociale e lavorativo delle fasce deboli.
Periodicamente la Locanda ospita mostre di quadri, di fotografie e presentazioni di libri, organizza cene a tema e di promozione di prodotti, in particolare cooperativi, per dare un’opportunità in più di apertura verso il quartiere e la città. Si può dire che la sfida è stata vinta, lo dicono i molti commenti positivi che oggi la collocano tra i primi ristoranti di Genova, lo dicono i bilanci in ordine, lo dice l’appartenenza al progetto delle persone che ci lavorano, lo dicono i loro “amici” trans che hanno apprezzato come abbiano rispettato il loro essere parte del quartiere.