cooperativa Famiglia Cooperativa di Molina di Ledro
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol

Solidarieta
Settore
Servizi
storia,negozi
1912
Nasce nel
È solo col buon esempio che si conquistano fiducia e stima

La storia di Michele Berti, diventato direttore della Famiglia Cooperativa di Molina di Ledro a 25 anni. La fusione, le acquisizioni immobiliari e una convinzione radicata: l’attenzione alle persone, l’accoglienza con il sorriso e l’ascolto sono gli ingredienti indispensabili per avere fortuna nel commercio di vicinato.

a cura di Dirce Pradella

È stato mio padre a convincermi a fare un colloquio di lavoro alla Famiglia Cooperativa di Molina di Ledro. Avevo ventidue anni, un diploma di ragioniere in tasca (anche qualche esame all’Università, che poi ho lasciato) e un lavoro da impiegato in una impresa di Rovereto. Incontrando il consiglio di amministrazione mi spiegarono che cercavano un giovane dinamico, preparato, disponibile a sostituire il direttore Luciano Beretta , prossimo alla pensione. Così cominciò la mia avventura di cooperatore. Il primo anno fu duro: dal lavoro d’ufficio passai a quello di commesso, in un clima di regole rigide e mansioni distinte. Ma quando il direttore mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che ero ”pronto” provai molta soddisfazione. Il 28 ottobre del 1990 mi sposai con Clara e nel dicembre del 1990 diventai direttore della cooperativa, che contava 4 punti vendita fissi e uno stagionale, con 12 dipendenti.
Era una azienda sana, con bilanci in ordine e che affidava per la prima volta un incarico così importante ad un giovane. Mi sono conquistato la stima e la fiducia delle persone lavorando, dando per primo il buon esempio ed utilizzando un approccio ragionevole e propenso alla mediazione, come è nel mio carattere. Sono un dinamico, sempre pronto a fare cose nuove, ho un carattere aperto e solare. E questo mi ha sicuramente aiutato a creare un gruppo di lavoro coeso, dove le regole vanno rispettate non perché il capo controlla e punisce, ma perché si condividono e si comprende che quello è il bene della propria azienda. E quindi anche il proprio personale. La cosa che mi ha più affascinato come direttore è stata la libertà di creare, di potermi esprimere. Solo la cooperazione te la può dare. E i giovani dovrebbero prenderlo maggiormente in considerazione, oggi, quando cercano lavoro. Il nostro è un ambiente ‘sano’.
Anche nelle assunzioni ho avuto autonomia di scelta: per i tempi indeterminati ho preteso di essere libero dai condizionamenti, e ho cercato di proporre al consiglio di amministrazione persone predisposte ai rapporti umani. Meglio un commesso lento ma col sorriso che un velocista che serve con il muso. Non sono però un bonaccione: i comportamenti scorretti li censuro subito. Una delle mie prime assunzioni è stata quella di Michele Piva, nel ’96, che si dimostrò subito capace e preparato. Un ottimo braccio destro. Infatti qualche tempo dopo, quando dalla Famiglia Cooperativa di Bezzecca mi contattarono per sapere se avevo un nome da segnalare per sostituire il loro direttore pensionando, pensai a lui. Quando se ne andò per affrontare questo nuovo incarico, gli dissi: “Vedrai che torneremo presto a lavorare insieme, perché la fusione è vicina”.
E così fu. Il primo gennaio del 2000 tornò come vicedirettore della nuova Famiglia Cooperativa Valle di Ledro, che contava 14 punti vendita, 33 collaboratori fissi e una ventina di stagionali. Se escludiamo l’azienda meccanica Mariani di Tiarno di Sopra, eravamo diventati l’azienda privata più grande della nostra valle. Gestire la ‘nuova’ cooperativa fu una sfida entusiasmante. I punti vendita erano di piccole dimensioni e anno dopo anno li abbiamo tutti ristrutturati e ammodernati. Abbiamo realizzato investimenti immobiliari importanti, tra i quali l’acquisizione del punto vendita Conad di Pieve di Ledro, che con i suoi 450 metri quadrati di superficie è diventato il nostro maggiore negozio Coop, con una posizione strategica in mezzo alla valle e un grande parcheggio. Ho cercato di farmi apprezzare per come tengo unito il gruppo, condividendo le decisioni e trovando ogni giorno del tempo per il dialogo e il confronto.
Credo che un bravo direttore stia poco chiuso in ufficio, ma giri per i punti vendita, vada a parlare con il personale e a vedere come lavora. Quando è giorno di paga faccio il giro di tutti i negozi per consegnarla personalmente. Ai miei collaboratori fa piacere farmi vedere come gestiscono il loro lavoro. In un clima sereno è più facile esprimere cordialità e attenzione nei confronti dei clienti che entrano, seguirli con cortesia e competenza. In cooperativa le persone si devono sentire a casa. Noi non possiamo dare i prezzi del Poli: abbiamo punti vendita piccoli, tra i 100 e i 200 metri, periferici, nati per servire le comunità della nostra valle. Ci tiene in equilibrio il supermercato di Pieve, poiché la nostra capillarità costa. Ma allora la Famiglia Cooperativa deve essere identificata come un servizio e come elemento che si muove insieme alla comunità: oratorio, scuola, associazioni. E’ questo uno dei meccanismi che ci permette di essere riconosciuti e apprezzati.
Per mantenere positivo il bilancio abbiamo dovuto mettere 3 negozi a part time, chiudendoli il pomeriggio. Abbiamo incontrato i soci e spiegato le nostre ragioni. Loro hanno risposto: “Va bene, purché si mantenga il servizio e si mettano commessi gentili”. E questa richiesta ancora una volta mi ha fatto capire quanto le persone contino e quanto i nostri soci e clienti abbiano bisogno di una parola, di un sorriso oltre che del semplice servizio di distribuzione alimentare. In questi trent’anni da direttore ho lavorato con tre presidenti: Angelo Zecchini (solo per qualche mese), Franco Brighenti (un ‘padre professionale’ di cui ho apprezzato moltissimo il lato umano) e Franco Sartori. Con la sua presidenza la cooperativa ha fatto salto di qualità: la sua professione di commercialista è stata preziosa per migliorare aspetti organizzativi e contabili e per superare indenni la crisi. Apprezzo ogni giorno la generosità con cui si presta a questo incarico e la sua competenza.
Su 30 bilanci presentati in assemblea, 29 sono stati positivi e uno negativo, nel 2014, con 70 giorni di pioggia in estate. L’ho vissuta male, con patimento. Ma poi grazie alla fiducia ed al sostegno del mio presidente, del consiglio e di Giuseppe Fedrizzi, responsabile dell’ufficio consumo della Federazione, che ci ha sempre fornito una preziosa consulenza, mi sono ripreso. Così ho pensato che fosse una occasione per rimettermi in moto, con maggiore motivazione e entusiasmo. Perché sento forte la responsabilità delle 30 famiglie che in questa valle vivono grazie al lavoro nella nostra Famiglia. Mi sono impegnato per tanti anni nei tavoli tecnici in Federazione e in Sait, così come nelle associazioni dei direttori. Trovo indispensabili i servizi del Sait. Quando è arrivato Giorgio Fiorini alla presidenza era in corso una grave crisi di fiducia.
E piano piano è stata ricomposta. Anche ora serve ricucire: capire gli errori compiuti e rimettersi in gioco con una diversa filosofia, quella del sacrificio, dell’efficienza e dell’organizzazione. Il Sait deve concentrarsi sul suo core business: dare alle Famiglie Cooperative la merce al miglior prezzo possibile ed essere il faro a cui possiamo rivolgerci per avere lumi quando ne abbiamo bisogno. Siamo stati fortunati in questa splendida avventura, perché siamo riusciti a produrre insieme al Consiglio di amministrazione e ai collaboratori continuità aziendale, mantenimento dei posti di lavoro e un importante servizio che non è solo commerciale ma certamente anche sociale. E questa soddisfazione mi dà ottimismo e fiducia per il futuro.

Michele Berti