cooperativa
La Formica
Rimini - Emilia Romagna
Dai servizi di pulizia nel Teatro, alla visita guidata organizzata dalla cooperativa. Albert racconta la sua esperienza, che sintetizza lo spirito che anima questa bella cooperativa
Di Violante Emiliano
C’era anche Albert con la sua famiglia, la scorsa domenica 7 aprile, nel gruppo di quasi 80 persone de La Formica, in visita guidata dentro al Teatro Galli. Soci e lavoratori, accompagnati dai loro familiari, che si sono ritrovati in centro storico per trascorrere un istruttivo pomeriggio di welfare aziendale, organizzato e finanziato da la cooperativa. Non poteva di certo mancare lui, che per il teatro ha sempre nutrito una grande passione, fin da quando nella sua Černivci, in Ucraina, ci andava puntualmente, anche due volte al mese. Aveva già avuto l’occasione di entrare diverse volte nel Foyer, per la raccolta dei rifiuti differenziati, al piano terra, dove è collocato uno dei due bar della struttura.
Quel teatro lo aveva osservato bene, anche dall’esterno, durante i tanti servizi di pulizia e di notte, quando la piazza è vuota e le luci gialle creano quella magia che si riflette tra gli archi e le colonne, sovrastate dalle immense vetrate. Una magia che Albert già conosce, perché è la stessa del Teatro musicale e drammatico ucraino “Olga Kobylanska”: il grande Teatro della sua città. «Quella domenica è stata una visita davvero entusiasmante – racconta Albert – la guida ci ha spiegato tante cose interessanti sulla ricostruzione e sulla vita di questo teatro inaugurato da Giuseppe Verdi. Poi, andarci con i miei colleghi di lavoro, con i quali di solito teniamo pulita tutta la piazza, è stato davvero un momento particolare. Mi si è riacceso il desiderio di tornare a vedere gli spettacoli, come facevo una volta».
Albert ha 33 anni e vive a Rimini con la sua famiglia, è un operaio del settore igiene ambientale e svolge per la cooperativa diversi servizi di pulizia. Viene dalla regione occidentale dell’Ucraina, da una città soprannominata la “Piccola Vienna” per la bellezza dei suoi palazzi e per il suo passato austro-ungarico. «Si chiama Černivci – sottolinea con voce fiera – è un importante centro culturale, molto rinomato nel mondo dell’arte ed è anche la sede di un’antica e prestigiosa università». Ne parla con grande sicurezza, perché conosce bene quelle aule antiche, dove ha studiato per 5 anni, conseguendo la laurea in psicologia.
«Non è stato facile – ricorda Albert – sono nato nella campagna della Moldavia, poi, con i miei genitori, papà moldavo e mamma ucraina, ci siamo trasferiti a Černivci in Ucraina, dove sono cresciuto e ho studiato con tanti sacrifici. Ho dei bellissimi ricordi della mia città perché negli anni dei miei studi ho frequentato anche il teatro e mi sono appassionato agli spettacoli d’opera, di musica, di danza, ma più di tutti mi piace la prosa e le commedie. Con i miei compagni d’università frequentavamo spesso il teatro, anche per diverse iniziative culturali legate alla facoltà. È stato un periodo della mia vita molto bello».
Una vita che però può cambiare, a volte anche drasticamente, come conseguenza di fatti drammatici. La scelta di abbandonare la propria terra, infatti, avviene quasi sempre come conseguenza di eventi drastici ed imprevedibili. Albert lavorava già da due anni come psicologo in una squadra speciale della polizia, quando nel 2014 scoppiano gli scontri in Ucraina orientale tra le milizie vicine alla Russia e le truppe di Kiev. Un conflitto di cui non si sente parlare tanto, iniziato nel 2014 in seguito alle proteste di piazza note come “Euromaidan”, che ancora oggi conta numerose vittime, anche fra i civili.
Albert si rifiuta di essere mandato al fronte per uccidere suoi connazionali, si licenzia dalla polizia, dove era riuscito ad entrare anche grazie al servizio militare, regolarmente svolto nell’esercito, abbandona la sua casa e, insieme a sua moglie e sua figlia, raggiunge suo fratello e i suoi genitori che sono già a Rimini. Prova a ricostruirsi una vita e con l’aiuto dei parenti ci riesce, prima con un lavoro stagionale da giardiniere, che svolge in estate, poi con la nascita del secondo figlio, fino a quando un vicino di casa gli propone di fare un colloquio di lavoro presso la cooperativa. Il lavoro è sicuro ma prevede la guida di un camion nel settore della raccolta rifiuti. È un buon autista e si sente pronto anche per iniziare questa nuova esperienza.
Le difficoltà non mancano: deve imparare una nuova lingua, le strade della città e tante nuove mansioni, anche molto diverse da quelle per cui ha studiato, ma scopre una realtà accogliente in cui si inserisce senza grossi problemi. Un lavoro che prevede anche momenti di svago e condivisione per i lavoratori, fuori dagli orari di lavoro, come quello della visita al teatro Galli. «Credo sia un aspetto fondamentale per un’impresa, perché in questo modo si riesce a rinsaldare i rapporti fra le persone che lavorano insieme. Queste iniziative creano nuova voglia di stare insieme, un’energia che poi si riflette anche dentro il lavoro. La cooperativa ha una bella comunità di lavoratori diversi per razza e religione, provenienti da varie regioni del mondo, che nonostante tutto, riescono a farti sentire a casa».
Quella casa che Albert ha dovuto abbandonare, a cui probabilmente gli capita di pensare ogni tanto. Quella casa in Ucraina, vicina a quel teatro, che adesso gli torna in mente ogni volta che entra nel Teatro Galli.